Quando il tessuto diventa passione: storia di un imprenditore

GIUSEPPE TARRICONE
“UN UOMO PERBENE. STORIA DELLA MIA VITA”
A cura di Louisette Palici di Suni/Flowriting
Progetto grafico e impaginazione: Marco Zung/Zungdesign

Domenica 15 giugno, presso il Museo della Ruota di Pray (Biella), si è concluso il lungo percorso intrapreso con Giuseppe Tarricone quasi un anno e mezzo fa, che ha portato alla presentazione del volume “Un uomo perbene. Storia della mia vita” nel cuore di uno dei territori votati al tessile per eccellenza.
Da quasi 30 anni Giuseppe è alla guida della Garfintex, il finissaggio che lui stesso ha fondato a Pray e che oggi conta ventisei dipendenti.
Col tempo la sua azienda è diventata partner di fiducia dei grandi marchi della moda per la lavorazione e il finissaggio di tessuti nobili come lana, mohair, alpaca, angora, baby camel, cashmere, guanaco e vicuña.
Il lavoro di Giuseppe consiste nel trasformarne le fibre grezze in tessuti finiti, lucidi, brillanti, caldi e morbidi al tatto, pronti per essere confezionati come capispalla o accessori.

Giuseppe è uno di quegli imprenditori all’antica, ed è fiero di sottolinearlo. Etica del lavoro, rispetto per le persone, passione per i dettagli, ricerca del prodotto perfetto sono i valori ai quali si è sempre ispirato nella sua lunga carriera. E poi sogno, dedizione e sacrificio, concetti che sembrano fuori moda ma che oggi sono più che mai necessari. Giuseppe non li ha mai traditi, neppure quando tutti gli consigliavano di farlo, o quando sarebbe stata la strada più semplice E se oggi la Garfintex ha la fama che tutti nel settore le riconoscono, lo si deve soprattutto a questa sua sana testardaggine.

La spinta a realizzare qualcosa di grande, mettendosi alla prova lavorando in proprio, Giuseppe l’ha respirata fin da piccolo. Negli anni Trenta infatti il nonno paterno, Giuseppe Tarricone, si imbarcò come clandestino su un piroscafo diretto a New York per cercare fortuna quando già aveva una moglie e dei figli piccoli. Sua mamma invece, Teresina Strippoli, dopo il matrimonio raggiunse il marito Luigi in Venezuela, dove si stabilirono verso la fine degli anni Cinquanta e dove Luigi lavorò come barbiere, il mestiere che aveva iniziato a fare quando aveva appena sei anni. In seguito lui e Teresina rilevarono una “zapateria”, un negozio di calzoleria, in cui lavoravano entrambi. Tornarono in Italia nei primi anni Sessanta a causa della difficile situazione politica, ma quel periodo d’oro è rimasto inciso per sempre nei loro cuori e forse anche nell’anima di Giuseppe.

Ancora oggi nel lavoro ci mette il cuore, controllando di persona ogni singola pezza di tessuto per scovarne il minimo difetto, innamorandosi dei problemi per poi trovare la soluzione migliore, usando la tecnica ma anche e soprattutto la creatività. Perché l’amore per gli aspetti più sensoriali e artigianali del processo di lavorazione rimane la cosa che più lo appassiona, l’eredità che vorrebbe trasmettere alle generazioni di imprenditori che verranno dopo di lui. Tutto il resto, dice, si può imparare.