La TV di domani? Tutta un’altra storia

Secondo le statistiche più recenti, nonostante i cambiamenti epocali di questi ultimi anni, la regina è sempre lei: la Televisione. Sì, proprio quella sistemata sul mobile in soggiorno, davanti al nostro divano preferito. Complici i mesi più duri del lockdown e della pandemia da Covid-19, nel 2020 la TV si è confermata come il media più amato dagli italiani.

Secondo una recente analisi dell’Ufficio studi di Comunicazione di Confindustria Radio Tv e Auditel, nel 2020 sono aumentati non solo il tempo di visione, ma anche la platea degli spettatori e l’acquisizione di nuove fasce di pubblico (comprese quelle storicamente più restie al cambiamento).

Qualcosa di diverso, però, c’è. Eccome. Se il mezzo resta lo stesso, lo schermo televisivo, cambiano i contenuti che attraverso di esso consumiamo ogni giorno. Secondo il rapporto 2021 di We Digital, a gennaio 2021 gli italiani attivi sui social media erano 41 milioni: guida la classifica YouTube con circa l’85%, seguita a ruota da What’sApp, Facebook, Instagram, Facebook Messenger, Twitter, Skype e Linkedin.

In pratica la generazione Z – per intenderci, quella venuta subito dopo i Millennials – sceglie Instagram, YouTube, Snapchat e TikTok come fonti principali per informarsi e reperire le notizie, e il 57% lo fa attraverso l’uso di video e non di testo. Sono questi alcuni dei dati contenuti nel volume “Storytelling Digitale. Le nuove produzioni 4.0”, scritto da Simone Arcagni e appena pubblicato dalla Luiss University Press.

Inoltre, la moltiplicazione delle modalità di fruizione in timeshifting e placeshifting crea un’esperienza di consumo fortemente personalizzata, nella quale a farla da protagonista è proprio il pubblico connesso, che scopre la realtà molteplice del cyber-spazio. Ipertesto, interattività e connettività diventano allora le parole chiave per comprendere il futuro che ci attende in questo campo, e intuire la direzione che i contenuti dovranno prendere per soddisfare un’utenza sempre meno passiva, e non più disposta a rinunciare all’emozione di essere al centro della scena. Anche di quella creativa.